“Effetti Protettivi del Consumo di Pesce sulla Severità della Retinopatia Diabetica in Individui Asiatici con Diabete di Tipo 2: Risultati da uno Studio Condotta a Singapore”
Uno studio recentemente pubblicato su Scientific Report ha esaminato l’influenza del consumo di pesce sulla gravità della retinopatia diabetica in individui asiatici affetti da diabete di tipo 2. La ricerca è stata condotta all’interno del Singapore Diabetes Management Project e ha coinvolto 357 partecipanti con diabete, prevalentemente di etnia cinese, e un’età media di 58 anni, di cui il 31% erano donne.
Il consumo di pesce è stato valutato tramite un dettagliato questionario somministrato ai partecipanti nel corso di tre anni. La frequenza dell’assunzione di pesce è stata categorizzata in base a diverse modalità: giornaliera, settimanale, mensile o mai/raramente, con riferimento a una porzione standard di 90 grammi.
La gravità della retinopatia diabetica è stata valutata in base ai gradi di severità, che includevano l’assenza di retinopatia, retinopatia lieve-moderata o severa, utilizzando la scala ETDRS (Early Treatment Diabetic Retinopathy Study). Questa valutazione è stata condotta attraverso l’analisi di immagini digitali del fondo oculare.
I risultati dello studio hanno rivelato una chiara correlazione tra i livelli di colesterolo e la gravità della retinopatia diabetica. Inoltre, è emersa un’associazione significativa tra il consumo di pesce e i diversi gradi di gravità della retinopatia diabetica. In particolare, i pazienti affetti da diabete di tipo 2 che consumavano una maggiore quantità di pesce hanno dimostrato un effetto protettivo nei confronti della retinopatia diabetica.
Questi risultati indicano che un aumento del consumo di pesce potrebbe avere un impatto positivo sulla prevenzione e sulla riduzione della gravità della retinopatia diabetica, soprattutto nella popolazione asiatica. È interessante notare che questa associazione positiva tra il consumo di pesce e la riduzione della gravità della retinopatia diabetica è stata confermata anche in altri gruppi etnici, suggerendo che tale effetto protettivo potrebbe avere un fondamento biologico universale, al di là delle differenze etniche nella dieta.