Presso l’AOU Vanvitelli di Napoli è stato effettuato un intervento pionieristico che potrebbe rivoluzionare il trattamento delle malattie genetiche rare. Grazie a una piattaforma sviluppata dal Tigem di Pozzuoli, è stato possibile somministrare per la prima volta una terapia genica sperimentale per la sindrome di Usher di tipo 1B, una condizione ereditaria che colpisce vista e udito.
Questa tecnologia avanzata, sviluppata nei laboratori dell’Istituto Telethon di genetica e medicina, consente di veicolare geni di grandi dimensioni, aprendo la strada a nuove possibilità terapeutiche per molte altre patologie genetiche senza cura. Lo studio, denominato LUCE-1, è stato promosso dall’azienda biotecnologica AAVantgarde Bio, uno spin-off nato dal Tigem.
La sindrome di Usher di tipo 1B, che colpisce circa 20.000 persone tra Europa e Stati Uniti, è causata da mutazioni del gene MYO7A, troppo grande per essere trasportato dai tradizionali vettori virali. Questa malattia provoca sordità congenita, problemi di equilibrio e perdita progressiva della vista. Mentre esistono trattamenti per la sordità, non c’erano finora soluzioni per il deterioramento visivo.
Grazie a una tecnologia chiamata “dual-AAV”, sviluppata dal team del professor Alberto Auricchio al Tigem, è possibile trasferire geni di grandi dimensioni in due segmenti separati che si ricombinano all’interno delle cellule, permettendo la produzione della proteina necessaria per contrastare la malattia.
L’intervento è stato realizzato presso la Clinica Oculistica dell’Università degli Studi della Campania, sotto la guida della professoressa Francesca Simonelli, esperta di fama mondiale in terapie geniche oculari. Il trattamento, eseguito in anestesia generale, prevede l’iniezione del vettore genico nello spazio sotto-retinico. L’obiettivo primario dello studio è testare sicurezza e tollerabilità nei pazienti.
“Questa è una pietra miliare per la terapia genica,” ha dichiarato il professor Auricchio. “Ci auguriamo che i risultati positivi emersi in laboratorio si riflettano nei pazienti.”
La professoressa Simonelli ha aggiunto: “Con questo approccio speriamo di trasformare la vita di persone che finora non avevano alcuna opzione terapeutica. Il nostro impegno è fornire risposte concrete a chi affronta queste difficili sfide.”
Il rettore Gianfranco Nicoletti ha sottolineato come questa iniziativa rappresenti un esempio di eccellenza per la ricerca italiana, mentre Matteo Lorito, rettore dell’Università “Federico II”, ha evidenziato l’importanza del lavoro svolto dal Tigem nel superare limiti tecnici che hanno ostacolato l’uso della terapia genica per anni.
Grazie alla dedizione di scienziati e clinici, si apre una nuova strada per migliorare la qualità della vita di chi soffre di patologie genetiche rare.